di Mario Picconi
"Il Wu Ji è lo stato naturale in cui ci si trova prima di cominciare a praticare le arti marziali. La mente è senza pensieri, l'intenzione è priva di azione, gli occhi non mettono a fuoco, le mani e i piedi sono fermi, il corpo non si muove, lo yin e lo yang sono ancora divisi, la luce e l'oscurità non sono ancora separate, il Qi è unico e indifferenziato"... In queste parole il Maestro Sun Lutang (1861-1933), descriveva lo stato di partenza, in cui ci si predispone alla pratica del Taijiquan, perchè ciò era considerato così importante? Quando ci si appresta alla pratica del Taijiquan è necessario mettersi nella condizione di estranearsi dai pensieri della vita quotidiana, dalle preoccupazioni, dalle paure; con questo semplice atto stabiliamo una tendenza a tagliare i ponti del condizionamento e ci predisponiamo verso un vero ascolto del nostro sè, facciamo emergere la nostra vera natura e ci predisponiamo a lavorarci sopra. In questa accezione il taijiquan può diventare un sistema di lavoro profondo sulla persona, sul carattere, sulla salute, solo con questa predisposizione decidiamo consapevolmente di accedere ad un livello superiore di capacità. Si parla molto del Taijiquan come arte marziale o come attività fisica per la salute, ma si parla poco del potenziale del Taijiquan di far emergere il potere di trasformazione dell'energia della persona, ma questo non è un indotto passivo, richiede una predisposizione consapevole, è come svuotare una tazza prima di riempirla di nuovo, con un nuovo sapere, una nuova energia. L'errore più banale che si può fare nella pratica è quello di pensare che tutto sia in qualche modo "finito", "finalizzato", in questo modo useremmo solamente una parte del potere che il nostro organismo è in grado di sprigionare, restando fermi ad un livello parziale di consapevolezza. Ma con la giusta predisposizione ad impare e ad entusiasmarsi, possiamo scoprire che il taijiquan ha molto da offrire all'uomo moderno, primo fra tutti la capacità di rompere i limiti dei condizionamenti a cui tutti siamo sottoposti, che ci imprigionano dentro strutture comportamentali che non appartengono alla specie umana, ma ad un gregge addomesticato. Vuoi emergere? Datti da fare! Vuoi crescere? Impegnati! Ti vuoi evolvere? Impara ad eliminare i condizionamenti! Impara il Taijiquan...
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di Gabriele Prigioni
Il ricordo sfugge. Siamo dimentichi di noi stessi, inconsapevoli, ci muoviamo come automi sospinti dalla routine della società. Appare evidente, questo, durante la meditazione: non ascoltiamo il respiro, oppure ci perdiamo dopo pochi attimi di attenzione. È opportuno ricordarsi di essere nel momento presente, qui e ora, in ogni fase della vita, non rammentarlo solo nelle circostanze sfortunate, ma anche e soprattutto in quelle gioiose. Evitare di isolare il tempo dedicato alla meditazione come pratica avulsa dall’esistenza tanto per trascorrere un’ora diversa, lontani dai problemi quotidiani, ma assaporare quel momento di presenza consapevole come dono da portare nella vita di tutti i giorni, regalo da offrire agli altri. Quando un monaco ha finito l’addestramento in un monastero, viene invitato a tornare nel caravanserraglio della vita a dispensare presenti agli altri. Il proprio percorso spirituale, il ricordare se stessi, tramite l’introspezione profonda, è un cammino preparatorio al ritorno nella quotidianità: mercato caotico dal quale siamo partiti per ritrovarci e al quale dobbiamo fare ritorno consapevoli dell’inesistenza di pace e di caos, ma di aver trasceso, divenendo Uno con il Tutto, o Assoluto. Gabriele Prigioni di Mario Picconi
Il Qigong è suddiviso in diversi stili di pratica, ma fondamentalmente tutti gli stili hanno in comune molti princìpi guida. In particolare viene messa l’attenzione sul fatto che bisogna “entrare in uno stato di tranquillità”, questo è collegato a tre aspetti fondamentali del qigong: 1. regolare la postura 2. regolare il respiro 3. regolare la mente Innanzitutto la parola chiave è “entrare”, perché questo è un processo attivo che prevede di prepararsi ad accedere ad uno stato di “tranquillità”, e non è per niente scontato, in quanto siamo continuamente sottoposti a stress di ogni tipo, e fermarsi, concentrarsi, tranquillizzarsi, richiede una procedura e un’attitudine. La procedura è determinata dall’ordine con cui vengono eseguiti gli esercizi, l’attitudine è quella di predisporsi uno spazio di tempo e di “mente” da dedicare alla nostra pratica personale. Lo stato di calma, quiete, rilassamento che si sperimenta con la pratica degli esercizi di qigong è dovuta al raggiungimento di un alto grado di concentrazione mentale. In questo stato il praticante appare distaccato da tutti gli stimoli esterni conservando un certo livello di consapevolezza; in pratica si realizza una condizione simile alla trance indotta con l’ipnosi, ma si differenzia per la presenza di un alto grado di regolazione sensoriale. Questa regolazione è dovuta all’integrazione di segnali eccitatori ed inibitori, come testimoniato da esperimenti condotti con l’elettroencefalogramma e dalla rilevazione di parametri biochimici. Si può affermare che praticare il qigong produce una sincronizzazione delle onde cerebrali e un incremento del matabolismo intorno al 60% in più, di una persona normale. Quindi parlare di regolazione della “mente” corrisponde in effetti alla regolazione del sistema nervoso centrale, il quale integrato con il sistema endocrino, comporta la produzione di fenomeni di regolazione nell’intero organismo. Pur essendo in relazione a determinate posture ed alla respirazione, lo stato di tranquillità è in relazione al “regolare la mente”. Per mente intendiamo quel livello di coscienza grazie al quale pensiamo, percepiamo, sentiamo, operiamo volontariamente, ed altro ancora. Normalmente la nostra mente è impegnata nella elaborazione di pensieri astratti o di immagini. Nello stato di tranquillità diventa predominante il pensiero concreto basato sui sensi. Normalmante le percezioni sensoriali sono messaggi dovuti a stimoli esterni che attivano connessioni riflesse nel sistema nervoso, e sono quindi fenomeni passivi; quando si pratica il qigong, nel momento in cui ci concentriamo su noi stessi ad occhi chiusi, i segnali esterni si riducono al minimo e i pensieri che ci distraggono vengono anch’essi ridotti. Durante questa fase si producono comunque dei segnali che attivano sensazioni o immagini che non sono in relazione con l’ambiente esterno ma che vengono prodotte dalle nostre facoltà mentali, entriamo in uno stato detto di “meditazione” che per certi versi è paragonabile ad un “sonno cosciente”; sappiamo che durante il sonno il cervello, fra le tante cose, elabora ricordi ed esperienze, in questa fase di quiete lo fa in uno stato di coscienza, lavora quindi in una fase di integrazione consapevole. Questa regolazione della mente è quindi uno stato psicologico sotto il controllo del praticante di qigong. L’intensità della forza di volontà è maggiore nei soggetti addestrati, meno suscettibili ad influenze esterne, che realizzano un processo naturale di sviluppo inconscio, si potrebbe dire che allenano “i muscoli del cervello” a produrre uno stato di tranquillità, verso il quale tendere spontanemente per contrastare gli effetti negativi dello stress e cercare di vivere nel quotidiano una condizione di benessere. di Mario Picconi Gli esercizi di meditazione di base, sono molto semplici ed alla portata di tutti, quando si pratica il Qigong la cosa primaria è concentrarsi, ovvero imparare a focalizzare la mente, questo è un aspetto molto utile. Soprattutto perché nella nostra giornata siamo portati a fare cose e a tenere la mente proiettata sempre avanti, difficilmente siamo veramente con il corpo e la mente nello stesso posto e difficilmente ci accorgiamo dei messaggi che ci da il nostro corpo e l’ambiente in cui viviamo. Siamo portati sempre a vivere al limite e ci accorgiamo di noi solo quando stiamo male o abbiamo uno shock, allora tutto si ridimensiona e incominciamo a vedere la nostra vita con occhi diversi. Ecco questi “…occhi diversi…” sono gli occhi della meditazione, gli occhi del budda. La meditazione di base si esegue seduti a gambe incrociate, si inspira sollevando le braccia facendo un cerchio dall’esterno all’interno, si uniscono le mani davanti all’addome tenendo il dorso della mano destra sopra la sinistra, e si uniscono delicatamente i pollici. Chiudere gli occhi, tenere la schiena dritta, focalizzare l’attenzione sul respiro, se la mente si distrae dobbiamo ritornare a focalizzarci sul respiro. La meditazione può durare 2 minuti come mezz’ora, dipende dal tempo che abbiamo a disposizione, la cosa importante è farlo in un momento in cui decidiamo di dedicarci del tempo. Se durante la pratica sopraggiunge le fatica dovremmo tendere a resistere un po’, per il semplice fatto che la mente cede prima del corpo, è attraverso questo tipo di controllo che “meditiamo” nel senso che impariamo ad ascoltarci. Ad ascoltare il corpo, ad ascoltare i nostri pensieri, nella filosofia buddista questo principio si chiama “…imparare ad osservare la propria mente…” Quando il disagio della posizione od eventi esterni ci disturbano possiamo interrompere serenamente quello che facciamo e ricominciare in un altro momento. Al termine della meditazione possono essere utili gli esercizi di stiramento e quelli di automassaggio. |
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